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CLASSE I
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CLASSE II
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CLASSE III
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CLASSE IV
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SINTOMATOLOGIA |
asintomatica |
lieve |
grave |
grave |
PROGNOSI |
favorevole |
favorevole con riserva |
riservata |
molto riservata |
TERAPIA |
adulticida + collaterale + limitazione attività fisica |
adulticida + collaterale + riposo forzato |
sintomatica + adulticida + collaterale + riposo forzato |
sintomatica + chirurgica |
8.2. Preparazione del soggetto in relazione alla classe di appartenenza: terapia sintomatica
Prima di effettuare la terapia adulticida, è necessario stabilizzare
le condizioni cliniche del paziente se esse non si presentano soddisfacenti
(Rawlings e Calvert, 1995).
Nell'ambito della terapia sintomatica devono essere considerati tutti
i trattamenti terapeutici che, pur non essendo direttamente volti all'eliminazione
dell'agente casuale, sono in grado di contrastarne l'effetto patogeno
determinando un conseguente miglioramento della sintomatologia clinica.
Riposo
Il riposo costituisce una misura terapeutica di fondamentale importanza
nei soggetti che manifestano una sintomatologia determinata dalla infestazione
in corso, prevenendo le complicazioni tromboemboliche, come sottolineato
dalle linee guida dell'American Heartworm Society (Knight, 1983).
Anche una modesta attività fisica è in grado di indurre
pericolosi aumenti dei valori pressori polmonari in cani con gravi alterazioni,
causate dalle macrofilarie, delle arterie polmonari e delle camere cardiache
(Dillon et al., 1995).
Nei soggetti con sintomi moderati la restrizione all'esercizio non è
necessariamente rigorosa (Knight, 1977), mentre in quelli con sintomi
gravi (ascite, edemi degli arti) si impone un riposo assoluto, fino al
confinamento in gabbia (Calvert, 1986).
Il riposo forzato è in grado di ridurre in modo significativo l'ipertensione
polmonare diminuendo nel contempo il consumo di ossigeno da parte dei
tessuti in soggetti che non sarebbero in grado, per le alterazioni respiratorie
e cardiache, di sopperire alle maggiori richieste determinate anche da
una modesta attività fisica.
Aspirina
Attualmente l'uso dell'aspirina, come antiaggregante piastrinico per la
prevenzione del tromboembolismo polmonare, molto utilizzato in passato,
non viene più consigliato dall' American Heartworm Society. Questa
revisione è stata fatta a causa della mancanza di prove definitive
sui suoi effetti antitrombotici e perché non è chiaro se
sia in grado di aiutare a contrastare la vasocostrizione indotta dalle
prostaglandine (Knight, 1995).
Eparina
L'eparina è un glicosaminoglicano, dotato di attività anticoagulante
e rappresenta il trattamento di scelta quando si osservano i segni clinici
e radiografici della tromboembolia polmonare, sia nelle fasi precedenti
sia in quelle successive al trattamento adulticida.
Non è assorbita a livello gastroenterico e perciò deve essere
somministrata per via parenterale: endovenosa o sottocutanea. Per la migliore
cinetica di assorbimento, è consigliabile la somministrazione
di eparina calcica (Vezzoni e Genchi, 1989).
Farmaci corticosteroidei
I corticosteroidi per la potente azione antiinfiammatoria esercitata costituiscono
un presidio terapeutico di fondamentale importanza nella terapia sintomatica
della filariosi cardiopolmonare. Sono indicati per il trattamento delle
complicanze che possono interessare il parenchima polmonare, quali i fenomeni
tromboembolici, sia antecedenti sia successivi alla terapia adulticida
, e la polmonite eosinofilica (Rawlings e McCall, 1996).
Nei cani con tromboembolismo polmonare, si somministrano farmaci corticosteroidei
per alcuni giorni, talvolta fino ad una settimana, in aggiunta al riposo
e possibilmente alla somministrazione di ossigeno.
Nei pazienti con polmonite eosinofilica, si devono somministrare glucocorticoidi
ed antibatterici ad ampio spettro fino a che non si ha la risoluzione
dei segni clinici e gli esami radiografici non dimostrano la scomparsa
degli infiltrati polmonari. La terapia con glucocorticoidi (prednisone,
inizialmente 1-2 mg/kg al giorno) porta di norma a un rapido e marcato
miglioramento (Knight, 1995). Il prednisone, somministrato con dosi scalari
fino a raggiungere 0,5 mg/kg a giorni alterni, non comporta una diminuzione
dell'efficacia adulticida della melarsomina. Non appena si sono risolti
i segni clinici della malattia allergica, di solito in un tempo compreso
tra cinque e quindici giorni, è possibile avviare il protocollo
terapeutico con melarsomina.
Diuretici
I diuretici sono una categoria di farmaci in grado di aumentare la produzione
di urina aumentando il flusso plasmatico renale. Solitamente si utilizza
furosemide al dosaggio di 1-3 mg/kg due o tre volte al giorno.
Vasodilatatori
L'ipertensione polmonare costituisce l'evento principale nella patogenesi
della filariosi cardiopolmonare del cane in relazione alle complesse alterazioni
indotte dalla presenza del parassita nel circolo arterioso polmonare (Knight,
1999). La possibilità di utilizzare un farmaco in grado di determinare
una significativa vasodilatazione ed una conseguente riduzione dei valori
pressori a livello delle arterie polmonari è un valido ausilio
nella terapia sintomatica della filariosi cardiopolmonare.
Ossigeno
L'ossigenoterapia è di estrema importanza in corso di filariosi
acuta nel cane e nel gatto (Rawlings, 1990). L'ossigeno è anche
un potente vasodilatatore polmonare in grado di contrastare la vasocostrizione
indotta da ipercapnia e tromboembolismo polmonare.
Antitussigeni
I farmaci sedativi della tosse ad azione centrale sono indicati solamente
come sintomatici, per ridurre il trauma polmonare nei soggetti che presentano
accessi di tosse violenta in caso di emottisi.
8.3. Terapia adulticida
Le forme adulte di D. immitis costituiscono lo stadio più patogeno
del parassita (Rawlings, 1980). Lo scopo di una terapia causale macrofilaricida
è quello di ottenere una eliminazione dei parassiti adulti per
impedire un peggioramento delle lesioni vascolari e parenchimali polmonari
e per consentire una risoluzione o un miglioramento delle lesioni indotte
precedentemente dal parassita.
A tutt'oggi la melarsomina diidrocloridrato, introdotta nel 1991, è
l'unico composto arsenicale utilizzato come farmaco adulticida. È
il farmaco di scelta, più efficace e più sicuro, per il
trattamento nei confronti dell'infestazione da D. immitis.
Alla luce dei vantaggi connessi con l'impiego di tale farmaco, non sussiste
più alcuna
indicazione per continuare ad utilizzare la tiacetarsamide sodica, un
composto arsenicale trivalente, fortemente istolesivo, che veniva somministrato
per via endovenosa, mattino e sera, per 2 giorni consecutivi (Jackson,
1963).
8.3.1. Melarsomina
La melarsomina è disponibile come polvere liofilizzata sterile
in fiale da 50 mg e quando ricostituita è stabile per 24 ore se
conservata in frigorifero e al buio.
È efficace sia contro i parassiti immaturi (L5) sia contro quelli
maturi di entrambi i sessi. Si somministra per via intramuscolare profonda
nella muscolatura del dorso nella regione tra L3 e L5, seguendo esattamente
le raccomandazioni della casa produttrice (Rawlings e McCall, 1996). I
muscoli lombari possiedono una buona rete vascolare e linfatica con scarsità
di fasce. Inoltre, la forza di gravità previene il suo passaggio
nei tessuti sottocutanei, dove può causare notevole irritazione.
In circa un terzo dei cani trattati, il farmaco provoca reazioni localizzate
al sito di inoculo, caratterizzate da edema, rossore e dolorabilità.
Queste reazioni sono in genere lievi o moderate e guariscono completamente
entro 4-12 settimane. La melarsomina viene assorbita rapidamente dal sito
di iniezione e altrettanto velocemente il farmaco immodificato e il metabolita
principale vengono eliminati nelle feci, mentre il metabolita meno importante
nelle urine. A seguito della somministrazione della melarsomina si possono
osservare sintomi clinici generali di tipo comportamentale, con irrequietezza,
tremori, letargia, perdita dell'equilibrio e atassia, e di tipo respiratorio
con respirazione affannosa, superficiale e difficoltosa, crepitii polmonari.
A volte possono anche comparire depressione del sensorio e anoressia in
circa il 15% dei soggetti trattati (Knigth, 1999). Altri possibili effetti
collaterali includono febbre, vomito e diarrea. Nei pazienti che ricevono
le dosi raccomandate in genere questi sintomi sono lievi e le alterazioni
epatiche e renali non si sono mai rilevate clinicamente importanti. La
melarsomina provoca minore tossicità a livello sistemico di quanto
sia in grado di fare la tiacetarsamide. Un sovradosaggio può causare
scialorrea marcata, vomito, difficoltà respiratorie, infiammazione
dei polmoni ed in casi eccezionali edema polmonare e morte (Vezzoni, 1998).
Una parziale antagonizzazione dei sintomi dovuti ad un sovradosaggio può
essere ottenuta somministrando dimercaprolo alla dose di 3 mg/kg per via
intramuscolare, che però allo stesso tempo riduce anche l'attività
adulticida del farmaco.
8.3.2. Protocollo terapeutico standard per i cani appartenenti alla classe I e per la maggior parte di quelli di classe II
La terapia standard prevede la somministrazione intramuscolare di melarsomina
dicloridrato al dosaggio di 2,5 mg/kg per due volte a distanza di 24 ore
(Genchi et al., 1992). La seconda iniezione deve essere praticata sul
lato opposto a quello della prima e al massimo si possono inoculare 3
ml di farmaco per lato. Dopo aver completato l'iniezione, è necessario
esercitare una pressione con le dita per circa un minuto. Questa precauzione
dovrebbe ridurre la possibilità di migrazione del farmaco attraverso
il percorso dell'ago e quindi in direzione dei tessuti sottocutanei.
È importante seguire attentamente le raccomandazioni fornite dalla
casa produttrice.
Il paziente va tenuto a riposo per 4-6 settimane dopo la terapia adulticida
per ridurre le conseguenze della morte dei parassiti adulti e i fenomeni
tromboembolici polmonari. Il periodo di riposo per i cani da lavoro dovrebbe
essere probabilmente più lungo, perché l'aumento del flusso
sanguigno polmonare in risposta all'esercizio porta ad un peggioramento
del danno al letto capillare polmonare e della conseguente fibrosi (Knigth,
1999).
8.3.3. Protocollo terapeutico alternativo per
i cani appartenenti alla classe III e per alcuni cani di classe II
I cani con patologia grave devono essere sottoposti ad un trattamento
sintomatico e tenuti a riposo forzato. Una volta stabilizzate le condizioni
del paziente è possibile iniziare la terapia adulticida.
Il rischio delle complicanze tromboemboliche gravi è significativamente
più elevato nei cani che presentano delle infestazioni in classe
III, pertanto è stato formulato un protocollo alternativo che si
è dimostrato più sicuro in questi pazienti e che prevede
la somministrazione di melarsomina alla dose di 2,5 mg/kg, per via intramuscolare,
una sola volta. È necessario continuare a tenere il cane a riposo
per un mese.
Tale trattamento determina:
Dopo 90-120 giorni, se il test antigenico risulta ancora positivo e se le condizioni cliniche del cane lo consentono, si esegue il secondo ciclo di terapia costituito da due iniezioni alla dose di 2,5 mg/kg, per via intramuscolare, distanziate l'una dall'altra di 24 ore, come precedentemente descritto nel protocollo classico. Con questo secondo ciclo si uccidono le macrofilarie che erano rimaste vive dopo il primo trattamento. Dopo la terapia è nuovamente opportuno mantenere il paziente a riposo assoluto per oltre un mese.
Insufficienza cardiaca congestizia destra
Nei pazienti appartenenti alla Classe III si può riscontrare la
presenza di un'insufficienza cardiaca congestizia destra. Il primo obbiettivo
della terapia deve essere quello di ristabilire condizioni emodinamiche
accettabili nei soggetti che ne sono affetti, per poter effettuare, se
possibile, successivamente una terapia volta all'eliminazione dei parassiti.
In questo caso, sarà opportuno, oltre ad eseguire il confinamento
in gabbia, somministrare una terapia che comprenda l'uso attento:
Pazienti non stabilizzati
In certi casi può essere impossibile stabilizzare i pazienti che
presentino debolezza e dispnea gravi, anoressia, mucose apparenti particolarmente
pallide o grigiastre.
In questo gruppo di pazienti la terapia di supporto può comprendere
ossigeno, eparina, utilizzo di farmaci corticosteroidei, somministrazione
attenta di diuretici e degli ACE inibitori (se è presente l'ascite)
ed il confinamento in gabbia.
È opportuno anche effettuare l'esame ecocardiografico per determinare
la carica parassitaria del paziente e, se molto elevata, l'eventuale possibilità
di effettuare l'asportazione chirurgica dei parassiti. Questa tecnica
è stata sviluppata in Giappone da Ishihara e colleghi e richiede
l'impiego di una pinza da alligatore lunga e flessibile. Sotto guida fluoroscopia,
lo strumento è fatto avanzare ripetutamente nella vena giugulare,
nel settore cardiaco destro e nell'arteria polmonare, dai quali vengono
estratti i parassiti (Ishihara et al., 1986).
La rimozione chirurgica delle macrofilarie dalle camere cardiache destre
e dall'arteria polmonare principale è stata proposta e praticata
per evitare gli inconvenienti legati al massivo tromboembolismo conseguente
al trattamento adulticida nei soggetti gravemente infestati. In Italia
è utilizzata da un numero di colleghi abbastanza limitato. Successivamente
può essere necessario effettuare la terapia adulticida al fine
di rimuovere la restante carica parassitaria.
8.3.4. Asportazione chirurgica dei parassiti nei cani con la sindrome della vena cava
La terapia dei pazienti affetti dalla sindrome della vena cava prevede
la rimozione chirurgica dei parassiti dalla vena cava e dall' atrio destro
mediante la tecnica eseguita per la prima volta da Ronald Jackson. Questa
soluzione è l'unico trattamento efficace.
Viene compiuta una venotomia della vena giugulare destra con il cane leggermente
sedato, se necessario utilizzando anestetico locale, e posto in decubito
laterale. Per afferrare i parassiti attraverso l'incisione compiuta nella
vena giugulare vengono usate delle pinze alligatore lunghe, uno strumento
con canestro per l'asportazione per via endoscopica o un dispositivo con
spazzola. Lo strumento viene fatto passare all'interno della vena fino
a raggiungere l'atrio destro (Jackson et al., 1977). Può essere
necessario muovere la testa e il collo dell'animale per farlo passare
al di là dell'ingresso del torace, con lo scopo di recuperare il
maggior numero di parassiti possibile, effettuando al massimo cinque o
sei tentativi. È stato osservato un tasso di sopravvivenza del
50-80% dei cani sottoposti a questa procedura (Kitagawa et al., 1998).
Durante e dopo l'intervento chirurgico si somministrano liquidi per via
endovenosa ed un antibiotico ad ampio spettro. È consigliabile
monitorare la conta piastrinica e trattare la trombocitopenia. La presenza
di grave tromboembolismo polmonare e di insufficienza epatica o renale
viene associata ad un esito infausto (Tassi, 1987) .
Dopo circa due settimane dall'asportazione chirurgica dei parassiti si
effettua la terapia adulticida, per eliminare i parassiti adulti rimasti.
La prognosi dei pazienti affetti dalla sindrome della vena cava è
riservata.
8.4. Complicanze della terapia adulticida
8.4.1. Malattia tromboembolica polmonare
Le complicanze più gravi, conseguenti alla terapia adulticida,
sono gli episodi tromboembolici, che si verificano nei giorni successivi
alla terapia, di solito tra 7 e 15 giorni, fino ad un mese dopo. I parassiti
adulti vivi hanno uno strato protettivo contro le proteine dell'ospite
e sono resistenti alla trombosi, ma con la morte questo meccanismo protettivo
si deteriora, portando alla formazione di trombi e focolai di infiammazione
granulomatosa (Rawlings, 1986). I frammenti dei vermi morti vengono spinti
dal flusso sanguigno nella porzione più distale del torrente circolatorio
causando tromboembolia delle arterie di calibro minore che, fino a quel
momento, potevano anche non essere interessate dalle alterazioni tipiche
della filariosi cardiopolmonare (Furlanello, 1998). La morte dei parassiti
provoca un'esacerbazione delle lesioni anatomopatologiche e dei quadri
clinici causati dalle macrofilarie stesse, mettendo l'animale in condizioni
di pericolo di vita.
Risulta importante, da un lato la scelta del trattamento adulticida, dall'altro
mettere in atto tutte le possibili misure atte a prevenire l'insorgenza
di reazioni gravi o comunque a limitarne l'entità. Il trattamento
conservativo di questi pazienti consiste nel riposo forzato assoluto (confinamento
in gabbia), che deve avere inizio almeno una settimana prima della terapia
adulticida e protrarsi per almeno un mese dalla sua fine (Knight, 1983),
e nella somministrazione di farmaci corticosteroidei, per ridurre l'infiammazione
polmonare. La terapia con corticosteroidei deve però essere sospesa
nel momento in cui si osservi la risoluzione dei segni clinici e radiografici.
Di solito la durata del trattamento corticosteroideo è di 3-7 giorni,
in quanto la somministrazione di questi farmaci per periodi superiori
a 7-10 giorni può causare una riduzione del flusso ematico polmonare,
promuovere la coagulazione e contribuire allo sviluppo dei fenomeni tromboembolici.
È consigliabile somministrare ossigeno, per ridurre la vasocostrizione
polmonare conseguente all'ipossia, e possibilmente eparina. Può
risultare utile l'impiego di broncodilatatori (per esempio aminofillina
10 mg/kg per via orale, intramuscolare o endovenosa ogni 8 ore, oppure
teofillina 9 mg/Kg per via orale ogni 6-8 ore), di antitussigeni, diuretici
e di fluidi (in caso di possibile shock cardiovascolare).
8.4.2. Coagulazione intravasale disseminata (CID)
La coagulazione intravasale disseminata rappresenta una diretta conseguenza
della malattia tromboembolica e di solito si associa ad una malattia arteriosa
polmonare preesistente particolarmente grave. Questa complicanza in genere
si verifica in un periodo compreso tra i 5 e i 30 giorni dalla somministrazione
della terapia adulticida.
Il trattamento della CID nella forma cronica o di lieve entità
prevede la somministrazione di eparina per un tempo variabile da alcuni
giorni ad alcune settimane. Si consiglia di tenere l'animale a riposo
e di fornire una terapia di supporto, inclusa la somministrazione di soluzioni
elettrolitiche.
8.4.3. Innalzamento dell'azotemia
Se la funzione renale è stata controllata in modo appropriato
prima del trattamento macrofilaricida, le complicanze renali sono rare.
Tuttavia, in alcuni cani con filariosi cardiopolmonare si possono sviluppare
iperazotemia e grave proteinuria. L'innalzamento dell'azotemia di solito
è di tipo prerenale ed è associato ad episodi di vomito
e disidratazione. L'attenta somministrazione di fluidi per via parenterale
determina in genere la correzione dello squilibrio (Calvert e Rawlings,
1995).
Sebbene la melarsomina non comprometta la funzione renale, possono comunque
verificarsi complicazioni.
8.5. Terapia microfilaricida
Attualmente la Food and Drug Administration (FDA) non ha ancora approvato
alcun farmaco per il trattamento microfilaricida.
Ciononostante, molti autori raccomandano di eliminare le microfilarie
nei cani dopo il trattamento macrofilaricida, in quanto questi pazienti
microfilariemici, dal punto di vista epidemiologico, costituiscono dei
serbatoi in grado di perpetuare l'infestazione del parassita. Inoltre,
le microfilarie, seppure dotate di scarsa patogenicità, in alcuni
soggetti possono essere causa di alterazioni soprattutto a livello renale.
Il trattamento microfilaricida è diventato di routine nella pratica
veterinaria e come farmaci microfilaricidi è possibile usare l'ivermectina
o la milbemicina ossima; generalmente viene effettuato 4-6 settimane dopo
la terapia adulticida (Tassi e Vezzoni, 1987).
La morte rapida di numerose microfilarie nell'arco di 3-8 ore e a volte
anche di 12 ore dalla prima dose del farmaco può provocare effetti
a livello sistemico, solitamente moderati, come letargia, inappetenza,
salivazione, conati di vomito, defecazione, pallore delle mucose e tachicardia
(Kitagawa et al., 1993). In uno studio è stato osservato che circa
il 10% dei cani può manifestare una letargia lieve e anoressia,
nel periodo compreso tra uno e due giorni dopo la terapia (Calvert e Rawlings,
2003).
Gli effetti collaterali sono osservati più di frequente nei pazienti
che hanno un numero molto elevato di microfilarie per unità di
volume di sangue, 15.000-20.000/ml o anche maggiore (Calvert e Rawlings,
1995). Questi cani, occasionalmente, possono andare incontro a collasso,
che però risponde bene alla terapia con glucocorticoidi (per esempio
prednisolone sodio succinato o desametasone per via endovenosa) e fluidoterapia
endovena (80 ml/kg nell'arco di 2 ore) quando vengono somministrati immediatamente
(Knight, 1995).
Si consiglia di monitorare attentamente i pazienti per 8-12 ore dopo l'inizio
del trattamento microfilaricida, effettuato con uno dei due faramaci.
Un vantaggio aggiuntivo di entrambi è rappresentato dalla capacità
di prevenire nuove infestazioni.
Il trattamento microfilaricida può essere ripetuto ogni 2 settimane
fino alla scomparsa delle microfilarie, ma solitamente sono sufficienti
una o due somministrazioni (Knight,1995).
8.5.1. Ivermectina
L'ivermectina è un'avermectina, antibiotico appartenente alla
famiglia dei lattoni macrociclici ottenuto previa modificazione chimica
del suo precursore abamectina (o avermectina B1), prodotto di fermentazione
naturale dello Streptomyces avermitilis. Dal punto di vista strutturale
le avermectine sono simili agli antibiotici macrolidi ma sono apparentemente
prive di attività antibatterica, mentre sono efficaci nei confronti
di un ampio spettro di ecto ed endoparassiti (Venco et al., 1998).
Viene somministrata alla dose di 0,05 mg/kg per via orale, che è
superiore a quella utilizzata per la prevenzione. Potrebbe essere utilizzata
la formulazione per grossi animali e in tal caso è necessario calcolare
esattamente la diluizione e la dose per evitare un sovradosaggio. Un millilitro
di ivermectina (10 mg/ml) diluito in 9 ml di glicole propilenico può
essere somministrato per via orale, la mattina, utilizzando una dose di
1 ml/20 kg di peso corporeo. L'animale deve essere monitorato durante
la giornata e quindi dimesso la sera (Knight, 1999).
È importante prestare molta attenzione alla somministrazione di
questo farmaco nei cani di razza Collie, per i quali l'ivermectina rappresenta
un farmaco sicuro solo quando è prescritto ai dosaggi raccomandati.
Anche se il dosaggio consigliato per l'ivermectina (0,05 mg/kg) è
inferiore a quello critico per i Collie e i Bobtail sensibili (0,12 mg/kg),
alcuni autori raccomandano di impiegare in queste razze i farmaci microfilaricidi
alternativi, come il levamisolo. Le reazioni tossiche all'ivermectina
nei Collie sensibili rispondono poco al trattamento, anche se si può
tentare di antagonizzare l'azione del farmaco con la somministrazione
di picrotossina, alla dose di 1mg/minuto per 8 minuti (Silvine et al.,
1985).
8.5.2. Milbemicina ossima
La milbemicina è un antibiotico macrolide, isolato dai prodotti
di fermentazione naturale di Streptomyces hygroscopius aureolacrimosus
(Mishhima et al., 1972).
Presenta un'azione microfilaricida quando è somministrata al dosaggio
profilattico di 0,5-1,0 mg/kg, per via orale e ha il vantaggio di essere
più conveniente economicamente, rispetto all'ivermectina.
Gli studi condotti su cani di razza Collie dimostrano una particolare
tossicità della milbemicina solo a dosaggi da 10 a 20 volte superiori
la posologia consigliata (5-10 mg/kg) che determinano lievi reazioni tossiche
reversibili (Tranquilli et al., 1991).
8.6. Valutazione dell'efficacia della terapia
La valutazione dell'efficacia del trattamento sia adulticida, sia chirurgico,
non può prescindere da una valutazione clinica dello stato del
paziente (Calvert e Rawlings, 1986). Un miglioramento delle condizioni
con scomparsa od attenuazione dei sintomi è indicativo dell'efficacia,
almeno parziale, del trattamento instaurato.
La valutazione clinica può presentarsi in certi casi di difficile
interpretazione, pertanto è sempre necessario effettuare un test
antigenico e un esame di concentrazione delle microfilarie dopo la terapia
adulticida e microfilaricida.
Attualmente l'uso dei test per la ricerca degli antigeni costituisce il
metodo più preciso per valutare l'efficacia del trattamento nel
cane.
Per l'elevata sensibilità raggiunta, questi test sono in grado
di svelare la persistenza anche di pochissimi parassiti adulti, di sesso
femminile. A seguito di una terapia macrofilaricida completamente efficace,
sia medica sia chirurgica, la concentrazione di antigeni a livello ematico
tende gradualmente a ridursi finchè tali antigeni non sono più
rilevabili dopo 3-4 mesi dal trattamento (Venco et al., 1998). In questo
periodo di tempo, generalmente, si ottiene la guarigione del soggetto.
Da un punto di vista pratico, prendendo in esame soggetti che appartengo
a razze da caccia (Setter, Pointer, Segugi), quindi cani da lavoro, il
massimo dell'efficacia della terapia si ottiene 6 mesi dopo quest'ultima.
Quando si osserva una positività antigenica post-terapia adulticida,
si deve effettuare un secondo ciclo con melarsomina.
È opportuno effettuare un test di concentrazione delle microfilarie
dopo tre giorni-una settimana dal trattamento microfilaricida. Se il test
è positivo, evenienza rara, è necessario ripetere il trattamento,
se invece è negativo è opportuno prescrivere la terapia
profilattica.
8.7. Terapia nel gatto
Data la breve durata della vita dei parassiti adulti nel gatto, l'infestazione
è spesso autolimitante. I tentativi di trattare i felini colpiti
con la somministrazione di tiacetarsamide hanno avuto solo moderatamente
successo, per cui questa soluzione non è consigliata. In uno studio,
sono stati segnalati effetti collaterali tossici in una percentuale di
gatti trattati che arriva a due terzi (Turner et al., 1991).
Esiste una scarsa esperienza clinica riguardo l'uso di melarsomina diidrocloridrato
nel gatto (Dillon et al., 2000).
La terapia microfilaricida solitamente non è necessaria poiché
la microfilariemia è transitoria e spesso assente.
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